In collaborazione con lo Studio Legale de Tilla abbiamo pubblicato il quarto numero della nostra newsletter.
Si parla, tra l’altro, del nuovo rendiconto finanziario, di TFR in busta paga, di assegni in garanzia e di postergazione dei finanziamenti soci.
Si parla di Milano e dell’Expo, anche.
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In generale, nessuno sembra capire, tra i creditori, che in Grecia più ancora che negli altri paesi della cosiddetta periferia dell’Eurozona, la crisi economica e finanziaria si è innestata su una debolezza strutturale per superare la quale si richiedono da cinque a dieci anni di lavoro costante, attento e cauto. Lavoro che non può essere svolto da nessun governo (anche più competente dell’attuale, che però è quello che i greci si sono democraticamente scelti) col permanente incubo del default e la rapinosa attenzione dei creditori alle scadenze trimestrali. Bene che i creditori (e il governo greco) abbiano chiaro nel rush finale di trattative dei prossimi giorni che il problema non è solo la scadenza di fine giugno o dei primi di luglio. Ma anche e soprattutto la sicurezza finanziaria per fare riforme per i prossimi 60-120 mesi, senza massacrare un intero paese. Se è troppo per le mire di rielezione di Christine Lagarde al Fmi, sarebbe bene che i paesi europei ripagassero il debito greco con il Fmi e lo facessero uscire dalla partita, assumendo sulle loro spalle (come sarebbe stato giusto fin dall’inizio) il problema di aiutare un paese membro dell’Unione a tornare in carreggiata.
I primi 150 scooter in condivisione arriveranno entro il mese di luglio. Si vanno ad aggiungere alle 4.500 biciclette (3.500 tradizionali, mille elettriche) del bike sharing, alla flotta di 1.344 vetture del car sharing, alle 150 auto elettriche in condivisione. Milano si conferma ancora una volta capitale della mobilità sostenibile in Italia e rischia di battere sul filo di lana altre grandi città europee come Berlino e Parigi che proprio in questi giorni stanno mettendo a punto il sistema di scooter sharing. Con una differenza radicale. A Parigi e Berlino devi lasciare la moto in determinati spazi, a Milano sarà a «flusso libero», ossia si potrà parcheggiare ovunque, fatti salvi i limiti del codice della strada.
«Pezzi interi del sistema dei pagamenti, dei prestiti a privati e imprese sono sotto rapida, crescente aggressione da parte di nuovi attori che, partendo dalla capacità di gestire comunità enormi, stanno entrando nel campo finanziario rubando velocemente spazio, ricavi e clienti alle banche», ragiona Fabio Bolognini, uno dei blogger finanziari più acuti del nostro paese. D’altronde «per collegare l’enorme massa di liquidità gestita da investitori istituzionali e i bisogni di credito dei privati e delle imprese non c’è (più) bisogno delle banche, lo si realizza più facilmente e a costi infinitamente ridotti con piattaforme web, non con filiali e personale in eccesso». Il risultato è fare credito a tassi inferiori offrendo rendimenti superiori a chi investe.
Se la diffusione del gioco d’azzardo legalizzato è un fenomeno globale, la dimensione raggiunta in Italia è di assoluto rispetto. Le somme giocate, pari a 84 miliardi di euro nel 2014, rappresentano il 21,5 per cento del totale mondiale e si traducono in 17,5 miliardi di euro di perdite per i consumatori italiani. Di queste, poco meno di 8 miliardi di euro sono incassi per l’erario.
Le ragioni di un tale successo sono principalmente da ascrivere alle liberalizzazione del decennio scorso che hanno consentito alle slot machine di colonizzare i luoghi primari della socialità (come bar e circoli ricreativi).
L’azzardo è un fenomeno economico interessante anche perché consente di osservare amplificati alcuni elementi alla base della crisi che attraversa la società contemporanea. Non è soltanto la pervasività degli elementi e delle tecniche di gioco nei contesti economici più disparati (la cosiddetta «gamification» delle strategie di marketing e di comunicazione) e non è nemmeno l’analogia tra il linguaggio della finanza e quello dell’azzardo, che nel caso dei prodotti strutturati venduti alla clientela retail è molto più che tale. C’è qualcosa di più profondo che la massificazione del gioco d’azzardo aiuta a mettere in luce. E che riguarda le contraddizioni tra la libertà di scelta e la protezione del consumatore, tra l’idea di comunità e la prevaricazione dei più deboli, tra la generazione artificiale di rischio e la effettiva vitalità delle economie finanziarizzate.
Amazon, uno dei più grandi negozi online del mondo, specializzato nella vendita di libri, ha annunciato un nuovo metodo di pagamento per alcuni degli autori di libri venduti sul suo sito: ogni autore verrà pagato in maniera proporzionale al numero delle pagine del suo libro che ogni singola persona ha letto. Si tratta di un sistema che ovviamente funzionerà soltanto per coloro che scaricheranno i libri sui propri lettori di ebook. Il nuovo sistema annunciato da Amazon verrà messo in pratica a partire dal primo luglio e riguarderà per il momento soltanto gli autori che si autopubblicano su Amazon e che partecipano con i loro libri ai programmi Kindle Unlimited e Kindle Owners’ Lending Library.
viaAmazon pagherà gli autori in base alle pagine lette – Il Post.
La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), chiamata a chinarsi su questioni legate all’Investment Compact, trova un escamotage per rilanciare l’equity crowdfunding, dando il via ad una pre-consultazione per ovviare all’impossibilità di rimettere le mani sul regolamento prima dei tre anni dalla sua introduzione. Un chiaro segnale che mostra la volontà di perfezionare la delibera 18592 del 26 giugno 2013 con cui l’Italia ha regolamentato – primo Paese al mondo – questa modalità di finanziamento, introducendolo solo a vantaggio delle startup innovative. L’Investment Compact ha allargato lo strumento anche a beneficio delle PMI innovative, motivo per il quale l’equity crowdfunding va reso ancora più fluido e accessibile.
A Cipro il Pil pro capite è sceso del 14 per cento e le persone a rischio povertà sono aumentate di 4 punti. In Spagna e Portogallo, il reddito pro capite è sceso del 5 per cento circa e la quota di poveri è salita di 2,6 punti percentuali. In Italia la diminuzione del Pil tra 2009 e 2013 è stata inferiore (-3,5 per cento) ma l’aumento della povertà anche più marcato che nel resto del Mediterraneo (+3,7 punti percentuali: da poco meno di un quarto della popolazione al 28,4 per cento del totale). E anche un paese tradizionalmente classificato nella parte solida dell’Europa come l’Olanda ha visto scendere il Pil pro capite di circa un punto percentuale, mentre la percentuale di poveri saliva in proporzione. Nei paesi indicati è mancata la crescita ed è salita la povertà. Ma l’aumento della povertà in Italia è stato più che proporzionale rispetto alla perdita di Pil. Forse perché abbiamo un sistema di welfare che protegge tante categorie, ma non i poveri.