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il blog dello studio lombard dca

Mese

agosto 2015

Il lavoro occasionale ai tempi del jobs act

Lo scorso 25 giugno 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. 81/2015, il quarto dei decreti applicativi che fanno parte del cosiddetto Jobs Act, la legge delega per la riforma del lavoro approvata dal Parlamento all’inizio di dicembre 2014.

Tra le molte novità è stata abrogata la disciplina delle collaborazioni a progetto introdotte dalla cosiddetta legge Biagi e di conseguenza anche quella delle collaborazioni occasionali.

Il decreto introduce tuttavia quattro possibilità di deroga, per le quali potranno ancora applicarsi le disposizioni delle collaborazioni a progetto:

  • collaborazioni realizzate sulla base di accordi collettivi nazionali stipulati dai sindacati in ragione di particolari esigenze produttive e organizzative di uno specifico settore;
  • collaborazioni relative a professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione agli albi professionali (ingegneri, giornalisti, avvocati, ecc.);
  • attività specifiche di componenti di organi di amministrazione e controllo delle società e di partecipanti a collegi e commissioni;
  • prestazioni a favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate a federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate e enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (allenatori e istruttori, principalmente).

Il decreto, infine, introduce una nuova disciplina del lavoro occasionale accessorio.

Ai fini pratici, pertanto, sorgono alcune domande. In particolare, potranno aziende e professionisti ricorrere ancora al lavoro occasionale o questa tipologia sarà destinata, con l’entrata in vigore del Jobs Act, a essere abbandonata? E in caso di risposta positiva, quali contratti potranno essere utilizzati?

Prima di fornire una risposta è opportuno tracciare le caratteristiche fondamentali nonché le principali differenze tra le varie tipologie di lavoro occasionale in vigore fino allo scorso giugno , per comprendere in modo accurato i riflessi della nuova normativa.

In particolare le collaborazioni occasionali non vanno confuse né con quelle di lavoro occasionale accessorio né con le prestazioni di lavoro autonomo occasionale.

In particolare, le prime due erano oggetto della legge Biagi, ora abrogata, mentre le ultime sono normate direttamente dall’art. 2222 del codice civile.

Collaborazione occasionale

Gli elementi caratterizzanti della collaborazione occasionale sono:

  • durata: non superiore a 30 giorni con lo stesso committente in un anno;
  • compenso: non superiore a 5 mila euro da ogni committente;
  • coordinamento: con il committente.

Fiscalmente e sotto il profilo previdenziale prevedono:

  • l’esonero della forma scritta del contratto e previsione di un progetto o di un lavoro;
  • il compenso assimilato a reddito di lavoro dipendente ex art. 50, comma 1, del TUIR;
  • l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’Inps;
  • l’iscrizione ai fini Inail qualora esista un rischio.

Lavoro autonomo occasionale

Il lavoro autonomo occasionale, invece, è caratterizzato da:

  • mancanza di continuità/abitualità (la definizione di abitualità, peraltro, è incertezza in quanto non c’è una chiara regola che la identifichi; il Ministero stesso non ha contribuito a fare chiarezza dichiarando che, proprio essendo incerta la distinzione tra occasionalità e abitualità, occorre fare una valutazione ad hoc caso per caso);
  • mancanza di coordinamento (affinché vi sia coordinamento occorre che l’attività sia svolta all’interno dell’azienda o nell’ambito del ciclo produttivo del committente).

Inoltre:

  • i redditi sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare dei proventi percepiti nel periodo d’imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione e rientrano tra quelli diversi di cui all’art. 67 del TUIR;
  • deve essere applicata una ritenuta d’acconto del 20% all’atto della percezione del compenso;
  • ai fini IVA l’attività occasionale può essere esercitata senza l’apertura della partita Iva e senza l’obbligo di tenuta di libri e registri contabili.
  • Ii compensi non sono assoggettati all’Irap
  • INPS: obbligo di iscrizione e di versamento alla gestione separata se il reddito del prestatore di lavoro è superiore a 5 mila euro.

Lavoro occasionale accessorio

Per lavoro autonomo occasionale si intendono le prestazioni meramente occasionali non riconducibili a tipologie contrattuali tipiche di lavoro subordinato o autonomo il cui compenso non sia superiore a 5 mila euro da ogni committente.

Il pagamento avviene tramite voucher e l’applicabililità è ristretta solo a determinati ambiti/settori di attività (piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l’assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap, insegnamento privato supplementare, piccoli lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici e monumenti, realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli, collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi, o di solidarietà).

Il lavoro occasionale accessorio è esenzione del reddito ai fini fiscali; obbligatoria, invece, l’iscrizione e contribuzione in favore della Gestione separata dell’Inps e dell’Inail

Differenze

I caratteri differenziali del lavoro autonomo occasionale rispetto alla collaborazione occasionale, vanno individuati, tendenzialmente, nell’assenza del coordinamento con l’attività del committente, nella mancanza dell’inserimento funzionale nell’organizzazione aziendale, nel carattere episodico dell’attività, nella completa autonomia del lavoratore circa il tempo ed il modo della prestazione.

È quindi evidente che l’esame della natura occasionale del rapporto instaurato tra le parti deve prescindere dalla misura del compenso e dal numero di prestazioni svolte mentre deve concentrarsi sulla presenza o meno dei requisiti del coordinamento e della continuità con la struttura del committente, ben potendo quindi esserci prestazioni di lavoro autonomo occasionale con compensi superiori a 5 mila euro.

Con il lavoro accessorio si è inteso regolamentare, invece, quelle prestazioni lavorative non riconducibili alle tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato o del lavoro autonomo, ma caratterizzate da un limite prettamente economico e dal pagamento attraverso dei voucher.

Si tratta perlopiù di quelle attività lavorative che potrebbero collocarsi al di fuori della legalità, nell’ottica di una maggiore tutela del lavoratore.

Tabella riassuntiva delle diverse tipologie contrattuali ante Jobs Act

Tipologia Riferimenti

normativi

Tipo di reddito

e ritenute

Contributi e premi
Prestazioni di lavoro autonomo occasionale dalle quali deriva un reddito complessivo annuo fino a € 5.000,00 Art. 2222 c.c. Redditi diversi art. 67, c. 1, lett. l), D.P.R. n. 917/1986. Ritenuta art. 25, D.P.R. n. 600/1973 Nessuna contribuzione dovuta all’Inps e all’Inail
Prestazioni di lavoro autonomo occasionale con un reddito complessivo annuo superiore a € 5.000,00 Art. 2222 c.c. Redditi diversi art. 67, c. 1, lett. l), D.P.R. n. 917/1986. Ritenuta art. 25, D.P.R. n. 600/1973 Contributo alla Gestione separata Inps, legge n. 335/1995, sul reddito eccedente € 5.000,00. Nessuna contribuzione Inail
Collaborazione occasionale (durata fino a 30 giorni annui e compensi fino a € 5.000,00 annui con lo stesso committente) Art. 61, c. 2, D.Lgs. n.276/2003 Redditi assimilati al lavoro dipendente art. 50, c. 1, lett. c-bis), D.P.R. n. 917/1986. Ritenuta artt. 23 e 24, D.P.R. n. 600/1973 Contributo alla Gestione separata Inps, legge n. 335/1995. Contribuzione Inail art. 5, D.Lgs. n. 38/2000
Prestazioni di lavoro occasionale di tipo accessorio nel limite massimo di € 5.000,00 di reddito annuo e nel limite di € 2.000,00 per l’impresa commerciale o per lo studio professionale Art. 70 e segg., D.Lgs. n. 276/2003 Nessuna ritenuta, art. 72, c. 3, D.Lgs. n. 276/ 2003 Contributo alla Gestione separata Inps, art. 2, c. 26, legge n. 335/1995. Contribuzione Inail art. 72, D.Lgs. n. 276/2003

I contratti di lavoro occasionale dopo l’entrata in vigore del Jobs Act

Alla luce di quanto sopra esposto solo le collaborazioni occasionali di cui all’art. 51 del D.Lgs n. 276/2003 sono state abrogate mentre la normativa del lavoro autonomo occasionale è rimasta invariata ed è stata ampliata l’applicabilità del lavoro accessorio.

In presenza di prestazioni d’opera (di impresa e professionali) di cui all’art. 2222 del codice civile, quindi, sarà possibile per aziende e professionisti continuare ad avvalersi delle prestazioni di lavoro autonomo occasionale documentate da ordinarie note compenso e corrisposte ai prestatori al netto della ritenuta d’acconto del 20%.

Con riferimento al contratto di lavoro accessorio il D.Lgs. 81/2015 ha confermato il venire meno della caratteristica dell’occasionalità e la possibilità che possa essere usato per qualsiasi tipo di attività.
Inoltre è stato aumentato il limite economico complessivo che deve far capo al singolo prestatore d’opera su base annua, portandolo da € 5.000 a € 7.000 netti.

Tuttavia è stato previsto che qualora il committente sia un imprenditore o un professionista le prestazioni di lavoro accessorio rese a loro favore non possono eccedere il limite di € 2.000 nell’anno civile per ciascun lavoratore.

Il pagamento della prestazione occasionale di tipo accessorio deve avvenire attraverso i cosiddetti voucher (o buoni lavoro) che garantiscono, oltre alla retribuzione, anche la copertura previdenziale presso l’INPS e quella assicurativa presso l’INAIL

Per maggiori informazioni circa i buoni lavoro si rimanda alla pagina INPS dedicata.

Per i buoni già richiesti alla data del 25 giugno 2015 si applicheranno fino al 31 dicembre 2015 le previgenti disposizioni che prevedevano un ricorso al lavoro accessorio nel limite dei € 5000 per la totalità dei committenti e di € 2000 per ciascun singolo committente.

Il crollo delle borse, spiegato

Il pessimo periodo della borsa di Shanghai è cominciato lo scorso 12 giugno. La condizione in cui si trova il mercato cinese sembra avere tutte le caratteristiche di una bolla finanziaria: i prezzi delle azioni nell’ultimo anno erano cresciuti moltissimo senza particolari ragioni collegate ai risultati delle aziende. Gran parte della crescita della borsa di Shanghai è stata trainata da ChiNext, l’indice che raccoglie le maggiori società tecnologiche della Cina: il corrispettivo di quello che è il NASDAQ per la borsa statunitense. Secondo molti analisti quello che sta avvenendo nel mercato finanziario cinese è molto simile alla bolla dei titoli “dotcom” del 1999, la cosiddetta “bolla della new economy”: una crisi finanziaria generata da un eccessivo entusiasmo per le nuove aziende digitali statunitensi.

viaIl crollo delle borse, spiegato – Il Post.

Il “Pil del mondo”, in un semplice grafico

Gli Stati Uniti, da soli, producono più del 23 per cento della ricchezza mondiale. L’Italia, in compenso, rappresenta poco meno del tre per cento del “Pil globale.” Il sito Visual Capitalist, specializzato in rappresentazioni grafiche di dati economici, ha realizzato un grafico definito dagli autori «la più semplice suddivisione dell’economia mondiale».

viaIl “Pil del mondo”, in un semplice grafico | Rivista Studio.

Lomb*art/Arte, cultura ed economia in Italia: ‘preferirei di no’

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Preferirei di no. L’atteggiamento passivo e indolente di Bartleby, figura pallidamente linda, penosamente decorosa, irrimediabilmente squallida, protagonista del più famoso e discusso racconto di Melville, assomiglia a quello dell’Italia nei confronti della cultura. Quella che Gilles Deleuze definì la nuova arte della resistenza. Non dire sì né no in una pilatesca equidistanza tra affermazione e negazione.

“La cultura è il nostro sguardo verso il domani. Senza cultura saremmo dominati dal presente, dal contingente. E saremmo meno liberi. Come società anche molto meno competitivi”.

Il presidente della repubblica Sergio Mattarella (sue queste parole riportate nella prefazione al Rapporto annuale Federculture 2015) ha ben chiaro il rapporto tra arte e finanza, tra economia e cultura. E non solo: tra tutto questo e la prospettiva che uno Stato ha di sé, il rapporto con il futuro che immagina.

Eppure in Italia sembra che certe cose non abbiano seguito. Che essere figli (o forse sarebbe meglio dire lontani discendenti) del Rinascimento ci possa esentare dall’aver cura del patrimonio che ci è stato affidato. Che vantarci di possedere la maggioranza del patrimonio culturale mondiale possa dare un senso al nostro immobilismo di fronte a un mondo veloce e digitale, alla valorizzazione della bellezza che passa anche dalla sua comunicazione.

Sotto questo profilo, ad esempio, sono sconfortanti i dati che confrontano like e followers delle pagine social dei principali musei del mondo con quelli degli italiani più visitati e dimostrano l’atteggiamento provinciale che per superficialità e, talvolta, per arroganza mina la capacità italiana di progredire, di creare valore e sviluppo non solo economico dalla principale risorsa naturale nazionale.

Museo Città visitatori Facebook Twitter
      like visitatori recensioni followers
Louvre Parigi 9.720.260 1.700.000 1.600.000 216.000 2.270.000
Centre Pompidou Parigi 3.800.000 495.000 323.000 35.000 379.000
Museo d’Orsay Parigi 3.600.000 402.000 168.000 24.000 247.000
British Museum Londra 5.575.946 882.000 574.000 43.000 598.000
Tate Londra 1.536.833 778.000 147.000 36.000 1.950.000
Metropolitan Museum of Art New York 6.115.881 1.300.000 758.000 79.000 1.010.000
Museum of Modern Art New York 2.805.659 1.700.000 768.000 87.000 2.290.000
Guggenheim Museum New York 1.188.839 652.000 192.000 34.000 1.220.000
Galleria degli Uffizi Firenze 1.769.217 10.000 25 44 5.300
Palazzo Ducale Venezia 1.323.508 1.300 9.700 1.400 8.200
Palazzo Reale Milano 1.167.744 5.900 28.000 3.000

La cultura italiana rimane spesso ostile alla commistione tra arte e finanza così come troppo frequentemente lo è la politica nei confronti della cultura e tutto questo è molto strano, miope e provinciale.

Nonostante l’impegno che abbiamo profuso nell’affossarlo con politiche insensate il nostro sistema produttivo culturale (SPC) fattura 78,6 miliardi di Euro pari al 5,4% del PIL (in Europa il SPC vale €558 miliardi peri al 4,4% del PIL continentale) e offre lavoro a quasi a un milione e mezzo di persone. Ogni Euro prodotto in cultura ne genera un altro 1,7 (e altri posti di lavoro) e in un paese in cui l’industria non può reggere la concorrenza di paesi più flessibili, in cui la disoccupazione (giovanile e non) fatica a rientrare entro parametri fisiologici, in cui le risorse naturali non abbondano e dove la struttura geografica non aiuta, questa capacità di produrre ricchezza, economica e immateriale, non dovrebbe esser cosa di poco conto.

* ft (in mld di €) % sul totale occupati moltiplicatore ft indotto ft totale
performing arts 4,2 5,3% 88.300 1,2% 5,0 9,2
gestione del patrimonio 1,2 1,5% 23.700 2,0% 2,4 3,6
industrie culturali 36,7 46,7% 561.000 1,3% 47,7 84,4
industrie creative 36,5 46,4% 751.000 2,2% 80,3 116,8
  78,6 100,0% 1.424.000 1,7% 135,5 214,1

* (I dati sono stati estrapolati dal rapporto Io sono cultura 2015. Per performing arts si intende tutto ciò che non è riproducibile, l’arte propriamente detta. La gestione del patrimonio è affidata a musei, biblioteche, archivi…. Le industrie culturali sono formate dal settore cinematografico, dalla tv, l’editoria e l’industria musicale. Creative, invece, sono il design, l’architettura e la comunicazione).

La complementarietà di economia e cultura è sancita dall’Unesco nella sua convenzione sulle diversità culturali: Poiché la cultura è una delle spinte fondamentali dello sviluppo, gli aspetti culturali dello sviluppo sono altrettanto importanti degli aspetti economici e gli individui e i popoli hanno il diritto fondamentale di parteciparvi e goderne. Un atteggiamento negligente nei confronti dell’arte e della cultura è il primo e fondamentale passo verso la sottomissione al pensiero unico e la colonizzazione dell’economia dominante.

Dovremmo saperlo bene noi italiani: furono proprio l’arroganza, la corruzione morale, il declino culturale e l’iniquità a determinare la caduta dell’Impero Romano. A impedirne il futuro.

Nonostante questo continuiamo a trattare il nostro patrimonio culturale come gli estremisti mediorientali che ogni telegiornale ci presenta e che ci indignano più di noi stessi.

16 milioni di italiani hanno giocato almeno una volta d’azzardo (e il 78% sono giovani sotto i 34 anni) perdendo €17 miliardi. In compenso più della metà non ha letto un libro nell’ultimo anno perdendo un’infinità di occasioni di farsi e fare del bene, solo poco più di un quarto ha visitato un museo nello stesso periodo e quasi il 20% non ha visitato mostre, non ha letto libri e quotidiani, non è andata ad alcun concerto, né a teatro e neanche al cinema, allo stadio o in discoteca.

% astensione
mostre e musei 69,7
siti archieologici 75,7
conterti di musica classica 88,2
concerto jazz/pop/rock 79,2
teatro 78,7
cinema 50,0
sport 72,4
discoteche 78,3
quotidiani 51,3
libri 56,5
astensione totale 19,3

Parlare di cultura senza cultura porta solo alla sua mercificazione e non alla valorizzazione del suo impatto socio-economico. Abbiamo perso una generazione, almeno. Occorre ripartire dalle scuole: insegnare ai bambini e ai ragazzi la bellezza. A riconoscerla, a proteggerla. A produrla e amministrarla.

Voluntary disclosure, le Entrate rispondono a stampa e professionisti In una circolare i nuovi chiarimenti sulla collaborazione volontaria

 

Sono disponibili online le risposte dell’Agenzia ai quesiti di professionisti e stampa specializzata in tema di collaborazione volontaria. Dopo le prime indicazioni contenute nella circolare n. 10/E del mese di marzo e in quella n. 27/E di luglio, la circolare n. 30/E di oggi fornisce ulteriori precisazioni sull’applicazione delle misure introdotte dalla legge n. 186/2014 in materia di emersione e rientro di capitali illecitamente detenuti all’estero.

Completezza della documentazione e buon esito della procedura L’esito della procedura di collaborazione volontaria non sarà compromesso se il contribuente risulta oggettivamente impossibilitato a produrre tutta la documentazione utile a ricostruire la sua situazione fiscale. Questo purché nella relazione di accompagnamento venga segnalata la presenza delle cause che impediscono la tempestiva produzione documentale o che non permettono una puntuale rappresentazione delle violazioni dichiarative oggetto della regolarizzazione. La documentazione dovrá essere comunque trasmessa entro la notifica da parte dell’ufficio dell’invito a comparire o, almeno, nell’ambito del contraddittorio propedeutico alla redazione dell’atto di accertamento con adesione.

Rapporti tra procedura di collaborazione volontaria e scudo fiscale Il contribuente che si è avvalso del cosiddetto scudo fiscale e vuole accedere alla procedura di disclosure, dovrà indicare nella relazione di accompagnamento le dichiarazioni riservate direttamente o indirettamente correlate alle poste patrimoniali e ai redditi oggetto dell’attuale procedura.

Trattamento fiscale applicabile alle rendite del tipo AVS Nel documento di prassi le Entrate precisano che, quando le pensioni sono accreditate su conti elvetici senza l’intervento di un intermediario finanziario residente, l’imponibile è comunque assoggettato ad un’imposizione sostitutiva del 5%. In questo caso, il contribuente che non abbia canalizzato la riscossione di tali rendite attraverso un intermediario italiano, può pertanto avvalersi della procedura di collaborazione volontaria.

Rimpatrio delle somme oggetto di emersione – I capitali dall’estero possono essere fatti rientrare già dalla data immediatamente successiva a quella di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria. Con il documento di prassi pubblicato oggi, le Entrate forniscono chiarimenti sugli elementi che il contribuente deve fornire sul piano probatorio in merito all’avvenuto rimpatrio.

Monitoraggio rafforzato e immobili all’estero – Assieme all’ambito temporale, la circolare, affronta anche alcuni dubbi riguardanti il rilascio dell’autorizzazione all’intermediario finanziario estero a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di procedura (c.d. waiver). Ulteriori chiarimenti, infine, riguardano gli aspetti sanzionatori connessi al caso di emersione di immobili all’estero, nonché alle violazioni in materia di imposta di registro, di imposta sulle donazioni o di imposta di successione. 

Il testo completo della circolare lo trovate qui

Vita da expat: mi iscrivo o no all’Aire?

Se si dà un occhio al web, è facile trovare i diritti che si acquisiscono, come il voto all’estero, ma raramente si nominano anche quelli che si perdono, come l’assistenza sanitaria nazionale, o le tasse che comunque occorre pagare all’Agenzia delle entrate. E spesso non si sa, ad esempio, che i cittadini residenti all’estero possono chiedere il rimborso dell’Iva sulle merci acquistate in Italia.

viaVita da expat: mi iscrivo o no all’Aire? | Linkiesta.it.

Non ci sono più le riprese di una volta

Dotare l’Italia di un mercato del lavoro, di una pubblica amministrazione, di un sistema fiscale, di una scuola e di una giustizia civile che aiutino l’economia servirebbe ad allungare e irrobustire la crescita anche con scenari meno favorevoli. Altrimenti il rischio che la ripresa duri molto molto meno di otto trimestri diventerà terribilmente concreto.

viaNon ci sono più le riprese di una volta | Francesco Daveri.

Intervista a Richard Sennett

Il nuovo capitalismo ha smantellato le istituzioni e ha trasformato le carriere in meri lavori. Le carriere di un tempo richiedevano un impegno continuativo sia nella costruzione di un corredo di competenze individuali, affidabili, salde, sia nella tessitura di un insieme di relazioni sia verticali sia orizzontali. Negli anni Sessanta e Settanta la negoziazione fra dirigenti e manodopera poteva anche essere ruvida ma alla fine si giungeva comunque a un accordo che consentisse di andare avanti. I quadri intermedi erano a conoscenza delle decisioni dei dirigenti, e la consapevolezza della rotta comune era tale da motivare tutti. Esisteva anche una propensione al sostegno reciproco dei lavoratori che, in caso di necessità, vuoi per un dramma familiare, vuoi per il semplice scivolone di un collega che magari si era ubriacato, si aiutavano e si coprivano affinché il lavoro procedesse e non ci fossero conseguenze serie per nessuno. La potente individualizzazione del divide et impera odierno, il crescente potere dei manager che non sanno ormai più nulla del lavoro che viene svolto e che hanno interrotto la comunicazione con i quadri che lo eseguono ma che sono stati espunti da qualunque potere decisionale congiunto, la scomparsa o l’estremo indebolimento di strutture, corporazioni e associazioni a difesa dei lavoratori, mettono oggi l’uno contro l’altro, così come inducono spesso proprio le categorie di lavoratori più svantaggiate a guardare con sospetto o con odio agli immigrati che potrebbero rubare il posto a chi ce l’ha e non sa se e fino a quando potrà conservarlo.

viaRiccardo Mazzeo. Intervista a Richard Sennett | Doppiozero.

le buone vacanze

Tempo fa i Sigur Ros sono tornati a casa dopo una tournee lunghissima, dopo un successo che li ha portati in ogni punto del mondo. Sono tornati in Islanda suonando in casa di amici, alle riunioni parrocchiali, tra quattro mura, con poca gente o in mezzo al niente per guardare l’altra faccia del successo come alla recita scolastica. Suonare per suonare come si faceva da ragazzi in spiaggia. Heima racconta il loro ritorno e sembra un filmato delle vacanze nell’isola dei gabbiani, è un sogno da ascoltare sullo schermo, una poesia letta con occhi. Heima vuol dire casa. Heima è un film bellissimo. Per questo vi auguriamo buone vacanze: perché sia bellissimo il vostro ritorno a casa.

* (Lo studio Lombard DCA chiuderà dal 17 al 31 agosto compresi. L’aggiornamento del blog sarà saltuario ma non escluso. Andremo in giro, ognuno con il suo mondo. Dal 1° settembre ritorniamo a casa) sLDCA

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