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Mese

marzo 2016

Nuovo bonus mobili per giovani coppie: under 35 Una circolare delle Entrate spiega come accedervi

 

Il Fisco aiuta le giovani coppie che comprano una casa da destinare ad abitazione principale. La legge di stabilità 2016, infatti, introduce un’agevolazione per l’acquisto di nuovi mobili da parte di coppie coniugate o conviventi da almeno tre anni. Sono inoltre prorogate le detrazioni collegate al recupero del patrimonio edilizio e quelle per l’acquisto di mobili per il relativo arredo. Questi alcuni dei chiarimenti forniti dalla circolare n.7/E con cui vengono descritte le modalità per accedere al nuovo bonus.

Quali giovani coppie sono coinvolte

Il nuovo bonus mobili è riservato alle coppie che nel 2016 risultino coniugate o conviventi more uxorio da almeno tre anni. All’interno della giovane coppia è necessario che almeno uno dei componenti non abbia superato i 35 anni di età o che li compia nell’anno 2016. Infine la circolare spiega che la coppia deve essere acquirente di un’unità immobiliare e che la stessa sia adibita ad abitazione principale nell’anno 2016. L’acquisto può essere effettuato da entrambi i componenti della coppia o da uno solo di essi, purché quest’ultimo sia under 35 nel 2016. In particolare, l’immobile deve risultare acquistato nell’anno 2016 o nell’anno 2015. Gli immobili acquistati nel 2016 possono essere destinati ad abitazione principale entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi per questo periodo d’imposta (termine di presentazione del modello Unico PF 2017).

I beni che rientrano nel bonus

Tra i mobili ammessi al beneficio rientrano, a titolo esemplificativo, letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, nonché i materassi e gli apparecchi di illuminazione che costituiscono un necessario completamento dell’arredo dell’immobile. Sono esclusi, invece, gli acquisti di porte, di pavimentazioni (ad esempio, il parquet), di tende e tendaggi, nonché di altri complementi di arredo. La nuova detrazione è prevista per le spese sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016 per l’acquisto di mobili nuovi e destinati all’arredo dell’abitazione principale della giovane coppia, ad eccezione di quelle per l’acquisto di grandi elettrodomestici.

Come calcolare la detrazione

L’agevolazione, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, si applica nella misura del 50% delle spese sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016 e viene determinata su un ammontare complessivo non superiore a 16mila euro. L’ammontare massimo di spesa sul quale calcolare la detrazione deve essere comunque riferito alla coppia. Per fruire del beneficio è necessario che il pagamento per l’acquisto dei nuovi mobili sia effettuato solamente mediante bonifico o carta di debito o credito. Il nuovo bonus mobili giovani coppie non è cumulabile per lo stesso immobile con il bonus mobili e grandi elettrodomestici.

La proroga a tutto il 2016 della detrazione per le ristrutturazioni edilizie e del bonus mobili e grandi elettrodomestici

La circolare, peraltro, ricorda che la legge di stabilità 2016 ha prorogato al 31 dicembre di quest’anno l’aumento della detrazione dal 36% al

50% per le spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio, nonché l’incremento delle spese ammissibili da euro 48.000 a euro 96.000. Per il 2016 è stato prorogato anche il bonus per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, di classe non inferiore ad A+, nonché di classe A per i forni e le apparecchiature per i quali sia prevista l’etichetta energetica, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione.

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Economia Rosa: oltre alle quote c’è di più 

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Una delle metafore più utilizzate per descrivere la discriminazione di genere nel mercato del lavoro è quella di un “soffitto di vetro” che impedisce alle donne di raggiungere le posizioni apicali. Tuttavia tale immagine rischia di raffigurare in maniera fuorviante il precorso, ricco di ostacoli a tutti i livelli, in cui si costruiscono le carriere al femminile. Quali sono dunque le cause e che tipo di misure servono per sbrogliare il filo che impedisce al gentil sesso di uscire dal labirinto? Ma, prima ancora, quali progressi sono stati fatti negli ultimi anni? Domande importanti relative a una sfida, quella della parità di genere, che è imperativo affrontare con successo perchè cruciale per l’intera società che del pieno contributo delle donne non può fare a meno.

Sorgente: Economia Rosa: oltre alle quote c’è di più | Actioninstitute

CNDCEC: La relazione unitaria di controllo societario del collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti

 

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La dottrina e le fonti professionali hanno suggerito di predisporre una relazione unitaria che tenga conto in modo puntuale delle peculiari e non simmetriche funzioni svolte dal collegio sindacale. Per tal motivo, la relazione unitaria deve contenere una sezione con la relazione di revisione, una sezione con la relazione sulla attività di vigilanza lato sensu intesa del collegio sindacale e si conclude con le proposte dell’organo in ordine al bilancio ed alla sua approvazione. Alla luce di quanto detto, vanno indagate le modalità con cui impattano i nuovi principi di revisione ISA Italia sulla relazione unitaria.

Il documento di ricerca, curato da un sottogruppo della Commissione “Principi di revisione”, si assegna l’obiettivo, invero ambizioso, di dare risposta a questi e ad altri interrogativi in un documento snello e di facile consultazione per tutti i colleghi che, ancorché sindaci, siano impegnati nell’attività di revisione legale. Il documento di ricerca si conclude con un facsimile di relazione unitaria, coordinata con i lavori della commissione “Sistemi di controllo e collegio sindacale”.

(per il consultare il documento ciliare sulla copertina)

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La luce alla fine della Galleria

 

Un nuovo articolo per Artribune. Questa volta parliamo di gallerie d’arte.

IL MERCATO IN GALLERIA, TRA PASSATO E PRESENTE
L’attività di galleria d’arte è sempre stata quella di commercio, talent scout e promotore. Di mentore e nume tutelare. Lo era Leo Castelli fin dai suoi esordi a New York, come lo sono ancora oggi le piccole gallerie milanesi. Ma niente rimane uguale a se stesso: cambiano i tempi e i ruoli, spesso mischiandosi. Il successo, però, deriva sempre dall’intuizione e dalla passione (la fortuna, poi, non guasta) e non può essere frutto di sola finzione, moda passeggera o, peggio, inganno.
Max Plank vinse il Nobel per la fisica nel 1918. Tempo dopo, in viaggio per una serie di conferenze in compagnia di un autista, stanco lui e annoiato l’autista, propose a quest’ultimo di sostituirlo davanti al pubblico. In fondo lo aveva ascoltato molte volte raccontare sempre le stesse cose e sapeva a memoria il discorso. La conferenza, nonostante il fraudolento cambio di relatore, fu come sempre un successo, anche al momento delle domande dalla platea. L’oratore improvvisato se la cavò brillantemente, esclamando qualcosa come: “Non mi aspettavo un livello delle domande così basso. E per dimostrarvelo vi farò rispondere dal mio autista!”. Al di là dell’aspetto divertente dell’aneddoto, che come buona parte degli aneddoti si avvicina alla leggenda, il succo sta nel fatto che si può cambiare identità, ma non si può essere ciò che non si è. Ciò che si deve fare non è fingere di essere altro ma crescere, adeguarsi, capire e sviluppare. Studiare.
Le gallerie d’arte, quindi. E come loro le case d’asta. Il futuro del mercato passerà ancora da loro, ma a condizione di un reale rinnovamento, di una crescita economica quanto culturale. Di diventare operatori moderni, non supermercati come alcune ex librerie. Di essere al servizio di un mondo sempre più complesso e che non è certamente quello di cinquant’anni fa. Neanche di dieci, a dire il vero.

TRASPARENZA
I numeri del mercato sono sempre più grandi e la platea più ampia, anche se l’accento viene ovviamente posto sulle vendite record. In realtà, i numeri raccontano che il 90% delle opere cedute in asta ha un valore inferiore a $ 20.000, il 75% sotto i $ 5.000 e questi dati, in galleria, non possono che essere ancora più estremi.
Il mercato, quindi, è fatto da milioni di appassionati, non da pochi, ricchi collezionisti. Da gente che lavora per guadagnarsi anche la possibilità di possedere un’opera d’arte. Da gente che vorrebbe conoscere il prezzo di ciò che desidererebbe/potrebbe comprare senza per questo sentirsi in imbarazzo, per non dire rifiutata. Le gallerie devono diventare luoghi inclusivi se non vogliono perdere fette di mercato, comunicare meglio e, come ha raccomandato Marc Spiegler, direttore di Art Basel, “eliminare liste d’attesa e receptionist poco sorridenti”.

VISIBILITÀ
Se da un lato l’aspetto “fisico” delle gallerie è imprescindibile e deve essere curato per attirare il pubblico e non per creare una esclusività snob che non ha più ragione d’essere, d’altro canto il mercato vive anche dell’ubiquità della rete. Le case d’asta hanno già cominciato a capire l’importanza e la potenza di Internet per i propri affari.
Negli ultimi dieci anni, quasi tutte le case d’asta (il 95%) hanno aperto un sito e buona parte accetta offerte online: nel 2005 non ce n’era quasi nessuna (3%). Le trattative concluse tramite siti sono cresciute in maniera esponenziale e gallerie e case d’asta dovranno fare i conti con questa realtà che di virtuale, a ben vedere, ha solo l’infrastruttura e che può garantire un’impressionante presenza. Con un’attenzione: credibilità e competenza valgono anche in questo strano mondo che amplifica ogni cosa.

INTERNAZIONALIZZAZIONE
Come per ogni azienda (o quasi) di ogni settore (o quasi) anche chi opera nel mercato dell’arte non può più prescindere dal varcare i confini nazionali. C’è un mondo là fuori. Chi ci va fisicamente partecipando a fiere da scegliere con cura e chi, ancor più strutturalmente, aprendo una propria sede all’estero. Chi, come detto sopra, approfittando della visibilità della net economy. Certamente ogni singola azione da sola non può avere successo ma deve essere organizzata da una strategia di crescita complessiva. Le opportunità sono molte, la richiesta esiste, lamentarsi non serve. Serve fare.

Secondo una ricerca di ArtEconomy24, nel 2015 si sono perse per strada 511 gallerie, più di un quinto di quelle esistenti all’inizio dell’anno. Colpa di un mercato difficile, certamente, e soprattutto in Italia. Ma colpa, anche, di una sua scarsa comprensione da parte di chi questo mercato dovrebbe cavalcarlo come un’onda e che invece spesso se ne è lasciato travolgere.

Sorgente: Gallerie e mercato. Le regole vincenti | Artribune

Un cambio in corsa

La Finlandia è il paese più alfabetizzato del mondo. L’Italia in fondo a tutte le classifiche 

Secondo una recente ricerca la Finlandia è stata indicata come il paese più alfabetizzato del mondo, battendo anche nazioni come Stati Uniti, Canada, Australia e Regno Unito. La classifica si basa sia sui test di alfabetizzazione sia sulla diffusione di biblioteche, giornali e computer: secondo questi criteri, i paesi nordici dominano la classifica, grazie al valore centrale della lettura nelle loro culture. E L’Italia? È solo 25esima…

Sorgente: La Finlandia è il paese più alfabetizzato del mondo. L’Italia in fondo a tutte le classifiche – Il Libraio

La felicità altrove

In ogni cosa ciascuno può trovarci ciò che vuole e questo è il bello dell’immaginazione, della curiosità e di una vita viva, ragionata e non populista. La verità non esiste perché ognuno ha la propria da raccontare assieme ai propri dubbi e ai propri percorsi.

Qualcosa di simile, in fondo, la disse Robert Kennedy parecchi anni prima, invitando gli universitari del Kansas e tutti noi ad andare oltre i numeri, al loro colore.

Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. 

Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. 

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. 

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

E questo è anche il senso del discorso che l’ex Presidente dell’Uruguay, Pepe Mujica, famoso per aver destinato in beneficenza gran parte del proprio stipendio, per vivere in una casa senza acqua corrente e per la sua bellissima segretaria, ha fatto al G20 di Rio nel 2012: quello che valiamo non sono i soldi che guadagniamo, i beni che accumuliamo, la crescita e il consumo. La felicità umana, in fondo, è altrove.

Per questo stridono le dichiarazione dell’ABI circa al tassazione della rivalutazione delle quote possedute in Banca d’Italia, quelle dei manager pubblici contro il tetto massimo del loro stipendio, dei magistrati che discutono le leggi quando toccano i loro personali interessi, le parole di chi scrive che è il consumo la vera molla della crescita.

Stridono perché vanno contro una concezione della comunità più condivisibile, contro un interesse maggiore e globale, contro quella felicità umana che è il primo elemento dell’ambiente in cui dovremmo tutti voler vivere.

A prescindere dalla ogni credo, sesso, appartenenza.

A prescindere da ogni propria verità.

[Pillole di fundraising] I principi del fundraising

Mezzo miliardo di euro raccolto per le startup. Bene il fundraising ma i fondi investono ancora troppo poco 

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I capitali ci sono. Manca “solo” un mercato che li sfrutti. L’innovazione italiana non è ancora riuscita ad attivare un circolo virtuoso tra fondi di ventur capital e investimenti in startup.
I dati di Aifi (Associazione italiana del private equity e venture capital) parlano, per il 2015, di un totale di appena 122 operazioni e 74 milioni di euro destinati ad aziende in fase di early stage. Un bilancio magro rispetto alla media europea, sia nella quantità che nell’intensità degli investimenti veicolati dai ventur capitalist.

Per farsi un’idea: solo tra 2012 e 2014 la Francia ha riservato alle imprese innovative 1,7 miliardi di euro, il Regno Unito 1,8 miliardi, la Germania quasi 2 miliardi. L’Italia si è fermata a 259 milioni, a conferma di un ritardo che viene da lontano: per raggiungere gli 1,8 miliardi di euro cumulati dalla Gran Bretagna in un biennio, il nostro paese ha impiegato 15 anni (2000-2015).

Sorgente: Mezzo miliardo di euro raccolto per le startup. Bene il fundraising ma i fondi investono ancora troppo poco – Il Sole 24 ORE

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