‘Tutto è arte, tutto è politica’ ha scritto, tempo fa, Ai Weiwei. L’esibizione dell’arte stessa è un atto politico. Perché nella politica c’è (dovrebbe esserci) la capacità di dialogare, di confrontarsi, mettersi in discussione. Di discutere e sintetizzare il meglio.
Oi dialogoi: i dialoghi come li pensava Platone erano un gioco di rimandi e specchi, ritrovare nelle parole dell’altro i fondamenti del proprio pensare. Come ci vediamo, come vediamo gli altri, come gli altri ci vedono, come vorremmo apparire. Politica, appunto.
Mettere più artisti a confronto rende omaggio all’arte e, al contempo, vuole essere un segno politico. Un richiamo alla capacità degli uomini di raffrontarsi; una capacità tropo spesso dimenticata. Alla capacità di comunicare e di ascoltare. Di contaminarsi e crescere. Di dire. Alla libertà di farlo.
Tempo fa proprio Ai Weiwei, probabilmente il più politico degli artisti contemporanei, ha reinterpretato un video musicale trasformando Gangnam Style, un brano per villaggio vacanze, sole e collanine in qualcosa di inquieto e rivoluzionario, che parla di occhiali per non vedere e manette per censurare. Ai Weiwei ha elaborato e riciclato, semplicemente ballando. Ha dato un nuovo significato, nobilitato, dato vita a qualcosa di nuovo e significativo, ha deviato il corso di una canzone nel fiume sotterraneo della protesta. Ha dato un nuovo proprio personale significato a ciò che già esisteva ed è questo, forse, l’essere davvero artisti. Colloquiare come poeti che assemblano parole quotidiane e ne fanno dita tra i capelli, ventura e sigillo. Perché da cosa nasce cosa e da un dialogo può nascere un movimento (Anish Kapor ha ripreso il discorso di PSY e Ai Weiwei, lo ha reso ancora più dichiarato e chiaro, forte di conseguenza, coinvolgendo i maggiori musei del mondo, i loro direttori e altri artisti, innalzando una canzone pop e simbolo della lotta per i diritti civili).
Nel dialogo e nella sovrapposizione i messaggi si moltiplicano, si esplicitano. E noi che ci troviamo nel mezzo, spettatori fortunati, non possiamo che assorbire e rilasciare come spugne felici e grate.
È questo pensiero la base dei prossimi eventi di Modello Unico: far dialogare l’arte di artisti diversi, a volte complementari altre volte dissonanti, per origliarne i pensieri, per sentirli germoglianti. Mostrarli vicini per dare voce nelle nostre stanze e nelle nostre menti a un dialogo artistico e, di conseguenza, politico. Per dare ancor più sostanza alla percezione, al concetto che è nei rapporti che si nasconde la verità, la libertà di pensiero, la vera democrazia.
(l’immagine è di Marina Alessi e Alberto Casiraghy – Courtesy of Galleria L’affiche)