Ricerca

Lombard street

il blog dello studio lombard dca

Tag

studio Lombard DCA

Cultura, yoga, vino e risate. Il welfare secondo noi.

ludwig-mies-van-der-rohe-farnsworth-haus

La casa è il simbolo della stabilità, il luogo delle certezze, quello in cui pensiamo di poter stare bene, dove fidarsi, dove vivere ogni giorno. La casa è un rifugio sicuro che è e sarà, ragionevolmente, per tanto. In qualche modo, al di là del mercato, dei sentimenti, delle paure. La casa è un luogo universale, qualcosa da cui non puoi comunque prescindere, di cui non puoi fare  meno per troppo tempo, un tetto sotto cui rifugiarsi e respirare. Un fondamento indiscutibile non per investitura divina ma per ruolo consapevole e condiviso. È un centro a cui tendere, da cui ripartire, in cui tornare sia che il nostro viaggio ci porti in mare aperto o per strade conosciute. Un porto oltre il vento e le onde.

Noi pensiamo al nostro studio nello stesso modo: una casa solida e sicura fatta di mattoni e non di paglia o fango, costruita sul terreno solido della competenza, arredata di condivisione. Una casa trasparente come quella disegnata da Mies van der Rohe dove nulla è invisibile. Non una reggia gelida o un anonimo condominio ma un luogo comune in cui ognuno sia re a servizio.

Il luogo di lavoro non è, non deve essere, un indirizzo. Non è un posto su una mappa ma dentro di noi. E’, forse, il posto in cui passiamo più tempo da svegli.

Abbiamo sempre creduto allo studio come un luogo aperto e chi ci conosce sa che è davvero così. Allestiamo mostre perché ci piace che le persone ci conoscano per quello che siamo e non solo per ciò che facciamo e perché la bellezza faccia parte del nostro quotidiano. Ospitiamo incontri tra persone curiose e propositive perché è nello scambio delle idee che queste crescono e diventano buone. Organizziamo aperitivi con i colleghi e le feste della nostra grande famiglia perché qui, tra queste mura, non ci sono muri. Perché qui si sta bene. Terremmo concerti se lo spazio lo consentisse.

E’ questo che proviamo a fare: stare bene come in una famiglia in cui si sta bene. Sentirsi a casa. Non è sempre facile ma è il modo in cui noi crediamo che questo tempo si debba intendere: un’occasione di essere parte di qualcosa, un modo per crescere ogni giorno. Assieme.

Per questo, anche, da questa settimana e ogni futura settimana chiunque lavori nei nostri spazi (soci, collaboratori, dipendenti, uomini e donne, tutti insieme) può approfittare di mezz’ora di yoga disegnato su misura per noi.

La condivisione è il nostro welfare.

L’IVA sull’arte. Legislazione e mercato

La vendita di un’opera da parte di una galleria avviene solitamente in forza di un mandato (senza rappresentanza) che l’artista sottoscrive in favore del mediatore il quale, quando vende l’opera a un collezionista per conto del suo autore, incassa il prezzo finale e retrocede a quest’ultimo lo stesso al netto della commissione. La cessione avviene quindi direttamente dall’artista al collezionista in quanto la galleria non diventa mai proprietaria dell’opera.Ai fini degli adempimenti IVA, però, le cose si complicano. Entrano in scena, infatti, numerose variabili che rendono opaca la formazione del prezzo, favorendo la propensione all’evasione in un mercato che, man mano che vede accrescere la propria importanza anche economica, è invece sempre più interessato alla corretta fatturazione per la definizione della provenienza e la certificazione del valore d’acquisto.

Sorgente: L’IVA sull’arte. Legislazione e mercato | Artribune

FocusOn 1.2016

 

E’ online il primo numero dell’anno di FocusOn. Per leggerlo cliccate sull’immagine della copertina o, per la versione ‘sfogliabile’, qui

focuson2016.1

focuson2016.1

 

Cabaret Lombard

IMG_0377

Perché l’arte in studio, ci chiedono  Perché portare le forme e i colori tra regole e numeri? Non siamo matti, non siamo pionieri ma siamo fatti di passioni e mestiere, di pensieri e confronti, di sangue e di terra come gli altri. Come tutti.

Non siamo isole come non è nessun uomo neanche all’interno di sé stesso perché nessuno è fatto di un pezzo solo ma di mille tessere. E uno studio professionale è lo stesso: un’unione di uomini e donne e di ciò che sono fatti, ognuno con i propri pezzi, le proprie mancanze, le proprie complessità. Non isole, quindi, ma alberi di una foresta in cui scambiare sostanza e ossigeno: prestare i muri di un ufficio è un po’ come abbatterli (i muri, non gli alberi) per unirsi a ciò che sta al di fuori.

Ci piace pensare allo studio come una sorta di nuovo Cabaret Voltaire e le mostre che ospitiamo uno spettacolo dada. Come i dadaisti, viviamo in tempi complicati a cui non ci rassegniamo e non accettiamo il ruolo in cui spesso siamo (e talvolta ci siamo) relegati. Come i dadaisti abbiamo smesso di credere alla definizione delle cose partendo da un unico punto di vista, convinti del legame di tutte le cose fra di loro, convinti della complessività.

Siamo seguaci dell’ironia, delle idee, delle persone. Di tutto ciò che fa della nostra professione un centro di scambio, di studio e di vita. Tutto ciò che nel tempo, spesso, abbiamo un po’ perso per strada e che abbiamo voglia di ritrovare.

Chi viene a trovarci merita di sapere chi siamo davvero e che ruolo abbiamo: non ingranaggi di una burocrazia che non ci appartiene ma motori e progettisti. E come per Hugo Ball il nostro Cabaret rappresenta un gesto e ci dice che questo tempo deprimente non è riuscito a guadagnarsi un po’ di rispetto da parte nostra.

*

L’opera in allestimento nella foto è di Luigi Belli ed è in mostra presso il studio all’interno della collettiva ‘Tre artisti, boschi e madrigali’ assieme a opere di Laura Federici e Lena Salvatori (Courtesy Galleria L’Affiche http://www.affiche.it)


LombardDCA: about us

Ogni strumento si deve relazionare con gli altri, accordare prima di suonare, riflettere in quell’attimo prima della musica perché il suono esiste solo se c’è il silenzio e viceversa. Perché occorre imparare a sentire affinché un gesto diventi suono e un suono musica. Perché un’idea possa trasformarsi in azione.

Esistono differenze sfumature, note diverse. Esistono armonie e contrappunti. Esistono competenze da accordare, comprendere e, alla fine, far suonare assieme. Esistono progetti da sognare, progettare e pianificare prima che diventino realtà e azione. Altri da accompagnare e ascoltare, da dirigere perché arrivino a destinazione. È questo il nostro ruolo.

Noi crediamo nella condivisione delle conoscenze e delle energie, nella curiosità e nell’analisi, nell’etica e nella responsabilità: far bene la nostra professione è il nostro modo di accordare un’orchestra, di dare acqua alle piante, di aggiustare un motore, di riflettere sul futuro. È il nostro modo di dare sostanza alle idee.Noi crediamo che non serva lamentarsi, che non basti indignarsi. Crediamo occorra fare. Svoltare, cambiare, agire. Conoscere gli obblighi e rispettarli. Conoscere i propri diritti, finalmente.

Perché un’impresa non nasce dal caso ma dall’estro e dalla regola come le macchine di Leonardo, nasce dall’accordo tra discipline ordinate da una visione come gli strumenti di un’orchestra all’orecchio di un direttore capace, dal mischiarsi delle idee e delle conoscenze di chi è curioso.Dall’unione di professionisti che con passione e competenza cercano le possibili migliori soluzioni.

Sorgente: LombardDCA – About Us

Lomb*art/Porti franchi e mani libere. L’arte ai confini della legge

Un nostro articolo per Artribune

 

L’arte serve a riciclare denaro? I porti franchi sono il transito di opere rubate e trafugate? È solo una questione di mele marce o c’è un’anomalia “voluta” nel sistema? Abbiamo cercato di capirci qualcosa di più.

COSA SONO E COME FUNZIONANO I PORTI FRANCHI
Le vicende che negli ultimi mesi hanno coinvolto Yves Bouvier, capo di Natural Le Coutre, la società che gestisce i principali porti franchi del mondo, hanno contribuito, come se ce ne fosse bisogno, al sospetto che il mercato dell’arte possa, in determinati contesti, essere teatro di riciclaggio di denaro e di opere rubate.
Negli ultimi anni si è registrato un aumento esponenziale dell’utilizzo di spazi espositivi e di vendita poco usuali quali i porti franchi e ciò, in primo luogo, per motivi di natura amministrativa e fiscale, che consentono notevoli risparmi in termini di adempimenti e di imposta.
Esistono svariate terminologie per definire i porti franchi, ma le caratteristiche fondamentali di questi magazzini extraterritoriali sono più o meno le stesse ovunque: la possibilità di introdurre merci nel territorio di uno Stato con l’espletamento di formalità doganali ridotte o assenti e senza il pagamento di dazi o imposte (i dazi sono prelevati solo quando la merce raggiunge la sua destinazione finale e quindi, in altre parole, i porti franchi permettono di differire il pagamento delle tasse). Si tratta di zone nelle quali beni di provenienza estera, principalmente opere d’arte ma anche vini o altre merci, possono essere stoccati senza un limite di tempo in magazzini di superfici variabili con la garanzia di elevati standard di sicurezza e con un ventaglio di servizi offerti davvero notevoli (come il controllo della temperatura e dell’umidità, servizi di restauro, autentica e valutazione…).

IL FASCINO CRESCENTE SUL MONDO DELL’ARTE
Nel mondo si contano migliaia di porti franchi, ma tra quelli che nel corso degli anni si sono specializzati e sviluppati verso il mondo dell’arte sono, certamente, quello di Ginevra (il più grande al mondo, con oltre 20mila mq a disposizione, la possibilità di stoccare un milione di opere d’arte per un valore stimato di oltre 80 miliardi di euro), di Singapore e del Lussemburgo (tutti gestiti dalla Natural Le Coutre di Bouvier), oltre a quello recentissimo di Pechino, a cui presto se ne aggiungerà uno a Shangai.
L’attrattiva di questi luoghi è cresciuta al punto che molte gallerie d’arte vi hanno trasferito la propria sede. Le opere d’arte compravendute, usufruendo dell’esenzione sia delle tasse su importazioni ed esportazioni che delle tasse di transazione (fintanto che l’opera d’arte resta immagazzinata nel porto franco è esente da ogni tassa), possono rimanere stoccate per anni, cambiando solo il proprietario.
In alcuni stati asiatici è prevista inoltre la possibilità di mantenere la sospensione da dazi e imposte sulle importazioni anche in caso di temporanea esposizione delle opere d’arte presso musei ed esposizioni. Le attrattive dei porti franchi per il mondo dell’arte sono notevoli, soprattutto per i mercati in forte crescita quali quelli orientali ma, al tempo stesso, pericolose sabbie mobili fiscali.

EUROPA O RESTO DEL MONDO?
Non è un caso che la dislocazione dei porti franchi interessati da un maggiore sviluppo siano al di fuori della Comunità Europea, dove la regolamentazione in materia di controlli sulle merci introdotte, di lavoro (come la flessibilità delle regole in tema di reclutamento del personale e concessione di permessi temporanei di lavoro e di residenza per gli stranieri impiegati nella zona franca), di snellimento delle procedure amministrative (in genere concessioni e licenze) e di servizi, anche offshore, risulta essere meno rigida.
Le zone franche all’interno della UE sono sottoposte a una regolamentazione uniforme e più severa che rende gli incentivi sopra citati in contrasto con la normativa comunitaria sugli aiuti di Stato, limitando fortemente la creazione di zone economiche speciali.

PRO E CONTRO DEI PORTI FRANCHI
Sebbene i vantaggi offerti dai porti franchi siano elevati e apprezzabili, non mancano aspetti di criticità che i collezionisti d’arte non dovrebbero assolutamente sottovalutare.
In particolare, ai fini doganali e fiscali, anche se un porto franco è a tutti gli effetti considerato un luogo duty-free (la merce all’interno dello stesso mantiene lo status del luogo da cui proviene), nel momento in cui un’opera d’arte viene estratta e definitivamente ceduta occorre procedere all’effettuazione degli adempimenti doganali e al pagamento delle imposte e tasse sulle importazioni.
Dazi e imposte verranno naturalmente conteggiati sul valore dell’opera d’arte al momento della sua estrazione e del suo trasferimento definitivo, quando tale valore potrebbe essere notevolmente più alto di quello che aveva l’opera al momento del suo primo ingresso nella zona franca. I collezionisti che cedono le opere d’arte in via definitiva, inoltre, continuano a essere sottoposti alla tassazione sui capital-gain e alle altre imposte sui redditi prevista nel Paese in cui hanno la residenza fiscale.
I collezionisti dovrebbero inoltre valutare le leggi locali in materia di depositi cauzionali, quelle che disciplinano l’affidamento di beni a terzi, quelle che afferiscono alla tutela in caso di perdite, danneggiamenti o appropriazione indebita. Le lacune nelle legislazioni locali potrebbero non rendere sicuro e o affidabile la custodia di opere d’arte in tali zone franche.
Infine, potrebbero incontrarsi difficoltà a ottenere una copertura assicurativa a prezzi competitivi. L’alta concentrazione di opere d’arte presso i porti franchi potrebbe infatti rendere difficoltoso spuntare premi assicurativi che rendano conveniente lo stoccaggio delle opere d’arte presso tali luoghi.

MAGAZZINI-MUSEO E ILLECITI
Se, da un lato, lo strumento dei porti franchi ha consentito un rapido ed esponenziale incremento delle vendite di opere d’arte nel mondo, rendendo globale anche questo settore del commercio e favorendo l’incontro tra domanda e offerta anche in mercati emergenti, dall’altro ha sminuito il significato per il quale tali opere sono state realizzate: ovvero per essere godute dal proprietario. Le stesse sono quindi considerate solo una forma di investimento in beni fungibili alla stregua di qualsiasi titolo finanziario in deposito presso una banca. È possibile quindi che gli incentivi fiscali, doganali, amministrativi da soli siano in grado di giustificare l’utilizzo dei porti franchi quali magazzini-museo a tempo indeterminato?
Inoltre, siamo sicuri che i porti franchi siano utilizzati solo ed esclusivamente per fini leciti? In questi luoghi vengono commerciate opere d’arte la cui origine non si è sempre dimostrata certa e garantita e, nel corso degli anni, sono stati utilizzati anche come copertura di traffici non legali. Sicuramente questi interrogativi sono stati oggetto di analisi da parte di organizzazioni sovranazionali quali l’OCSE. Nel 2010 la task force sul riciclaggio di denaro ha pubblicato un rapporto in cui si denuncia il fatto che le zone extradoganali, che comprendono i porti franchi, “sono una minaccia in termini di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo”, in parte a causa della sorveglianza inadeguata. Sorveglianza e trasparenza che auspica anche la commissione per il Controllo Federale delle Finanze svizzera.
Le accuse poste a carico di Yves Bouvier di aver gonfiato i prezzi delle opere detenute ricavando enormi e indebiti margini di guadagno così come di aver riciclato due opere di Picasso sottratte a Catherine Hutin-Blay, figliastra dell’artista, confermano che il mercato dell’arte, quando gestito al di fuori di circuiti tracciabili, è un mercato rischioso, inquinato e soggetto a manipolazioni volte al guadagno illecito, all’evasione, al riciclaggio e alla ricettazione.
In definitiva i porti franchi forniscono un elevato numero di vantaggi in termini di convenienza e flessibilità, ma il consiglio per i collezionisti e gli operatori del mondo dell’arte è quello di valutare attentamente benefici e rischi collegati al loro utilizzo. E l’eticità nel loro utilizzo.

 

La disciplina fiscale degli omaggi

 

I beni ceduti da un’impresa come omaggio con finalità promozionali, subiscono un trattamento fiscale articolato a seconda che siano prodotti o commercializzati dall’azienda stessa ovvero che vengano acquistati all’esterno o in caso di altre particolari fattispecie.

Omaggi di beni di propria produzione o commercio

Gli omaggi di beni la cui produzione o la commercializzazione rientrino nell’attività dell’impresa non sono generalmente considerati quali spese di rappresentanza e, di norma, l’IVA derivante dall’acquisto di questi beni viene regolarmente detratta in quanto è difficile stabilire a priori quali beni verranno omaggiati e quali verranno venduti.

La cessione di questi omaggi è assoggettata a IVA e il cedente può, in alternativa, al fine di assolvere l’imposta:

  • emettere una regolare fattura con applicazione dell’imposta facendosi pagare dal cliente solo l’IVA. Il documento dovrà essere consegnato al cliente e si dovrà effettuare una scrittura di storno del credito verso il cliente per un importo pari all’imponibile;
  • emettere una regolare fattura con applicazione dell’imposta senza, però, richiedere il pagamento dell’IVA. In fattura dovrà essere riportata la dicitura “cessione gratuita ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 4 del D.p.r. n. 633/1972 senza obbligo di rivalsa Iva ai sensi dell’art. 18, comma 3, del D.p.r. n. 633/1972”. Il documento va consegnato al cliente e si dovrà effettuare una scrittura di storno del credito verso il cliente rilevando così l’IVA non incassata come costo indeducibile;
  • emettere un’autofattura assoggettando ad IVA il bene (indipendentemente dal valore); l’imponibile sarà pari al prezzo di acquisto o di produzione alla data di effettuazione dell’operazione del bene stesso. In questo caso non occorre consegnare al cliente omaggiato alcun documento. È consigliabile emettere comunque il DDT per poter identificare il destinatario e provare l’inerenza del costo con l’attività dell’impresa.
  • tenere un registro degli omaggi sul quale annotare l’ammontare complessivo delle cessioni gratuite effettuate in ciascun giorno, distinte per aliquota. Il registro non deve essere bollato prima della messa in uso ma è necessario procedere alla numerazione progressiva delle sue pagine. L’utilizzo del registro degli omaggi permette di evitare l’emissione della fattura o dell’autofattura nel caso di omaggi. L’operazione deve essere registrata nel registro degli omaggi nel momento della cessione del bene se non viene emesso il documento di trasporto ovvero entro il 15 del mese successivo a quello in cui è stato emesso il documento di trasporto e con riferimento al momento in cui l’operazione si considera effettuata. I valori totali risultanti dal registro degli omaggi devono essere periodicamente (mensilmente o trimestralmente, a seconda della periodicità della liquidazione IVA) riportati sul registro riepilogativo IVA.

Gli omaggi di beni rientranti nell’attività dell’impresa effettuati a enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità assistenziali, di beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica, alle Onlus e a popolazioni colpite da calamità naturali o catastrofi usufruiscono di un regime di esenzione IVA.

Gli omaggi di campioni gratuiti di beni di modico valore rientranti nell’attività propria vengono esclusi dall’applicazione dell’IVA se:

  • i campioni sono distribuiti gratuitamente: si tratta di beni ceduti gratuitamente per migliorare la conoscenza e favorire la vendita e la diffusione sul mercato con lo scopo di implementare le vendite;
  • tali campioni sono appositamente contrassegnati: i contrassegni devono essere apposti in maniera indelebile, per evitare che i beni in questione possano essere venduti in un momento successivo;
  • i beni ceduti sono di modico valore: il termine di modico valore deve essere valutato con riferimento agli usi commerciali.

Omaggi di beni non di propria produzione o commercio

L’IVA assolta nel caso di acquisto di omaggi di beni non di propria produzione o commercio è detraibile se il bene ha un valore unitario non superiore a € 50,00.

La cessione di questo tipo di omaggi non richiede l’emissione della fattura in quanto non è assoggettata ad IVA. È opportuno, anche in questo caso, l’emissione di un DDT, (con causale omaggio), allo scopo di identificare il destinatario e provare l’inerenza della spesa con l’attività aziendale.

Omaggi ai dipendenti

L’IVA sugli omaggi che l’impresa fa ai propri dipendenti è indetraibile in quanto gli stessi non possono essere considerati come spese di rappresentanza, per mancanza del requisito di inerenza con l’esercizio dell’impresa. Essendo l’IVA indetraibile al momento dell’acquisto, la successiva cessione gratuita ai propri dipendenti è esclusa da IVA.

Se gli omaggi ai dipendenti si riferiscono a beni prodotti dall’impresa, la cessione gratuita sarà assoggettata a IVA, in quanto si è detratta l’IVA al momento dell’acquisto senza obbligo di rivalsa nei confronti dei destinatari.

A livello di imposte dirette, gli omaggi ai dipendenti sono da considerarsi come erogazioni liberali a favore dei lavoratori e quindi deducibili dal reddito d’impresa (art. 95 del Tuir).

Ai fini IRAP, le spese per gli acquisti di omaggi da destinare ai dipendenti rientrano nei “costi del personale” non concorrendo alla formazione della base imponibile.

Omaggi a soggetti esteri Ue ed extra-Ue

Le cessioni gratuite poste in essere a beneficio di soggetti residenti nell’UE non sono configurabili come operazioni intracomunitarie in quanto, in questo caso, viene a mancare il presupposto dell’onerosità della cessione e si applica quanto scritto sopra a seconda che l’omaggio di beni sia inerente alla propria produzione o commercio o meno. Si applicano in questo caso le regole già viste per le operazioni interne.

Le cessioni gratuite effettuate nei confronti di soggetti extra-UE, sono considerate cessioni all’esportazione, con le ordinarie regole di imponibilità delle operazioni relative.

Frammenti di un discorso politico

alberto_casiraghi_ph_MarinaAlessi

‘Tutto è arte, tutto è politica’ ha scritto, tempo fa, Ai Weiwei. L’esibizione dell’arte stessa è un atto politico. Perché nella politica c’è (dovrebbe esserci) la capacità di dialogare, di confrontarsi, mettersi in discussione. Di discutere e sintetizzare il meglio.

Oi dialogoi: i dialoghi come li pensava Platone erano un gioco di rimandi e specchi, ritrovare nelle parole dell’altro i fondamenti del proprio pensare. Come ci vediamo, come vediamo gli altri, come gli altri ci vedono, come vorremmo apparire. Politica, appunto.

Mettere più artisti a confronto rende omaggio all’arte e, al contempo, vuole essere un segno politico. Un richiamo alla capacità degli uomini di raffrontarsi; una capacità tropo spesso dimenticata. Alla capacità di comunicare e di ascoltare. Di contaminarsi e crescere. Di dire. Alla libertà di farlo.

Tempo fa proprio Ai Weiwei, probabilmente il più politico degli artisti contemporanei, ha reinterpretato un video musicale trasformando Gangnam Style, un brano per villaggio vacanze, sole e collanine in qualcosa di inquieto e rivoluzionario, che parla di occhiali per non vedere e manette per censurare. Ai Weiwei ha elaborato e riciclato, semplicemente ballando. Ha dato un nuovo significato, nobilitato, dato vita a qualcosa di nuovo e significativo, ha deviato il corso di una canzone nel fiume sotterraneo della protesta. Ha dato un nuovo proprio personale significato a ciò che già esisteva ed è questo, forse, l’essere davvero artisti. Colloquiare come poeti che assemblano parole quotidiane e ne fanno dita tra i capelli, ventura e sigillo. Perché da cosa nasce cosa e da un dialogo può nascere un movimento (Anish Kapor ha ripreso il discorso di PSY e Ai Weiwei, lo ha reso ancora più dichiarato e chiaro, forte di conseguenza, coinvolgendo i maggiori musei del mondo, i loro direttori e altri artisti, innalzando una canzone pop e simbolo della lotta per i diritti civili).

Nel dialogo e nella sovrapposizione i messaggi si moltiplicano, si esplicitano. E noi che ci troviamo nel mezzo, spettatori fortunati, non possiamo che assorbire e rilasciare come spugne felici e grate.

È questo pensiero la base dei prossimi eventi di Modello Unico: far dialogare l’arte di artisti diversi, a volte complementari altre volte dissonanti, per origliarne i pensieri, per sentirli germoglianti. Mostrarli vicini per dare voce nelle nostre stanze e nelle nostre menti a un dialogo artistico e, di conseguenza, politico. Per dare ancor più sostanza alla percezione, al concetto che è nei rapporti che si nasconde la verità, la libertà di pensiero, la vera democrazia.

(l’immagine è di Marina Alessi e Alberto Casiraghy – Courtesy of Galleria L’affiche)

Lomb*art/Art bonus: 5 schemi per una norma

 art_bonus

Approvato il 31 maggio 2014, l’art bonus ha superato la metà della propria vita. L’art. 1 del d.l. 83/14 ha infatti introdotto un’agevolazione fiscale temporanea al fine di favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura: tale agevolazione rimarrà in vigore fino alla scadenza del triennio 2014-2016 (anche se occorre dire che si è già cominciato a discutere di una sua possibile ‘stabilizzazione’).

L’agevolazione è ammessa solo per alcuni specifici ma comunque ampi casi:

Beneficiario Oggetto
beni culturali pubblici interventi di manutenzione, protezione e restauro
istituti e luoghi di cultura di appartenenza pubblica*, fondazioni lirico-sinfoniche e teatri di tradizione interventi di sostegno
enti e istituzioni pubbliche senza scopo di lucro che svolgono esclusivamente attività nello spettacolo realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti
concessionari e affidatari di beni culturali pubblici interventi di manutenzione, protezione e restauro
* musei, biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali

L’art bonus, tecnicamente, consiste, in un credito d’imposta pari a una percentuale dell’importo erogato e variabile a seconda dell’anno in cui ha avuto luogo:

Anno Credito spettante
2014 65%
2015 65%
2016 50%

L’utilizzo del credito ha alcune caratteristiche che si differenziano a seconda del soggetto erogante e riguardano il limite massimo dell’agevolazione e gli aspetti operativi del suo riconoscimento:

  Persone fisiche ed enti non commerciali Titolari di reddito d’impresa e stabili organizzazioni di imprese non residenti
limite 15% del reddito imponibile (senza alcun limite quantitativo) 5 per mille dei ricavi (senza alcun limite quantitativo)
modalità in dichiarazione dei redditi compensazione mediante F24
primo utilizzo dichiarazione relativa all’anno dell’erogazione dal 1° giorno del periodo successivo all’erogazione

Altre caratteristiche del credito (il suo utilizzo nel tempo e i metodi di versamento delle erogazioni) sono, invece, comuni a tutti i soggetti:

utilizzo del credito in 3 quote annuali di pari importo
utilizzo del credito successivamente ai tre anni per quote non utilizzate nessun limite temporale
mezzi di erogazione banca, posta, carte di debito, carte di credito e prepagate, assegni bancari e circolari

Sotto il profilo fiscale l’art bonus non ha rilevanza sulla formazione delle imposte sui redditi e sull’IRAP mentre si è avuto cura di evitare duplicazioni con altri benefici fiscali nell’ambito della cultura:

Questioni fiscali Regime
concorso alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi (comprese le addizionali regionali e comunali) no
concorso alla determinazione del valore della produzione ai fini IRAP no
rilevanza ai fini della determinazione della quota interessi passivi deducibili no
rilevanza ai fini della determinazione della quota di spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi deducibile dal reddito d’impresa no
detrazione IRPEF del 19% non consentita nel periodo di applicazione del regime agevolato **
deduzione degli oneri di utilità sociale non consentita nel periodo di applicazione del regime agevolato **

** la disciplina del TUIR rimane in vigore per le fattispecie non previste dall’art bonus

Come già accennato è attualmente in corso un dibattito, sostenuto sia dal MIBACT che dall’ANCI, volto al mantenimento della percentuale del 65% anche per l’anno 2016 oltre che, se se ne verificasse la sostenibilità, a rendere l’art bonus una misura strutturale e non più temporanea. Proprio quest’ultima prospettiva potrebbe segnare finalmente un passo verso un cambio di indirizzo nel rapporto tra Stato e Arte: l’art bonus, per come è strutturato attualmente, non risulta ancora fortemente attrattivo per i contribuenti e soprattutto per imprese e enti che continuano a preferire la formula delle sponsorizzazioni. Pensare di rendere deducibili le erogazioni, ad esempio, potrebbe favorire un maggiore afflusso di fondi così come potrebbe avvenire se venisse deciso un ampliamento dei casi per cui l’art bonus possa trovare applicazione.

Rimane da dire che, ad ogni modo, la norma attuale, per quanto perfettibile, è indubbiamente meglio del niente precedente.

***

* Lomb*art identifica l’impegno e lo studio che Lombard DCA dedica all’arte e alla cultura. A fianco degli eventi che stiamo producendo sotto il nome di Modello Unico abbiamo redatto (e continueremo e farlo) una serie di articoli che vanno ad esaminare il rapporto spesso conflittuale dell’arte e della cultura con il diritto e l’economia oltre che le norme che ne regolano il funzionamento.

Abbiamo creato nel nostro sito un’apposita pagina (e una distinta categoria sul nostro blog) per raccogliere tutto questo oltre ai contributi che di volta in volta abbiamo trovato e troveremo in rete sull’argomento.

Come per Modello Unico si tratta di mettere in relazione mondi che, per quanto possano apparire distanti, hanno di certo forti punti di contatto e, talvolta, si scoprono sinergici. Indispensabili.

Ci accompagna in questo viaggio oltre le colonne d’Ercole la galleria d’arte L’Affiche, storica e illuminata, assieme alla quale abbiamo in serbo alcune sorprese. 

 affiche

Blog su WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: